quiet riassunto recensione

Quiet – Riassunto e Recensione

Gli statunitensi sono uno dei popoli più estroversi e nonostante ciò si stima che il 30% di loro sia introverso. Sembra strano ma non lo è, se si pensa che la società occidentale – e quella americana in particolare – spinge le persone a nascondere l’introversione e forzarsi in ruoli non congeniali, anziché coltivare le proprie inclinazioni ed esprimere il proprio potenziale. 

Qui puoi leggere:
La recensione di Quiet
Il riassunto di Quiet

Recensione di Quiet, il potere degli introversi

Con Quiet: il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare, Susan Cain rivendica il diritto degli introversi a sviluppare le proprie potenzialità, anziché tarparsi le ali e stressarsi per adeguarsi sempre e comunque all’ideale estroverso che va per la maggiore.

Susan Cain sa per esperienza personale quanto gli introversi possano sentirsi inadeguati e sprecare risorse a cercare di sembrare ciò che non sono. Il libro spiega infatti:

 

  • Perché gli introversi dovrebbero assecondare la propria natura e come farlo. 
  • Quando invece è utile forzarsi un po’ e quali accorgimenti prendere per mantenere alta la propria energia.

Quiet vuole aiutare gli estroversi a capire la personalità opposta, e il mondo intero a dar spazio alle diverse inclinazioni perché ognuno possa fiorire e dare il proprio contributo a modo suo. Questo libro ha dato il via alla quiet revolution, la rivoluzione silenziosa che ha visto moltiplicarsi studi e libri sull’introversione.

Dopo anni passati a far conoscere il punto di vista e i bisogni degli introversi anche a loro stessi, Susan Cain ha deciso di dar loro gli strumenti per diventare dei leader, ma col proprio stile: il Quiet Leadership Institute.

Riassunto di Quiet, il potere degli introversi

L’estroversione come modello

Negli USA, tendono ad affermarsi le idee espresse con maggior convinzione, buone o cattive che siano. Chi parla spesso e a voce alta ha maggiori probabilità di essere considerato intelligente, al punto che gli insegnanti dipingono lo studente ideale come estroverso, nonostante gli introversi prendano voti più alti.

E i leader? Devono essere carismatici, disinvolti di fronte al pubblico e capaci di incantarlo con i propri discorsi.

Gli estroversi dominano la società. E infatti Harvard, una delle più prestigiose università degli USA, è un santuario e una palestra di estroversione. Qui non c’è spazio per chi ama prendere la parola solo quando ha qualcosa di utile da dire. Gli studenti che non partecipano attivamente alle discussioni in classe sono considerati problematici.

Poiché in molte parti dell’Asia è considerato un pregio parlare solo quando si ha qualcosa di significativo da dire, molte persone di origine asiatica si trovano in difficoltà negli Stati Uniti: hanno voti mediamente più alti e sono visti come gran lavoratori, ma fanno fatica ad essere considerati brillanti. 

Intanto, anche nelle scuole dei più piccoli, si afferma sempre più il mito del lavoro di gruppo come modalità quasi unica di apprendimento. Le aule vengono organizzate per fare in modo che i bambini facciano le cose insieme. Cain lo chiama groupthink: il pensiero collettivo a tutti i costi.

I vantaggi di lavorare da soli

In questa euforia da condivisione totale, ci si dimentica che molte delle più grandi scoperte sono nate nel silenzio, grazie all’intuizione di persone solitarie che hanno dedicato la vita alle loro passioni. 1984, E.T., le sonate di Chopin, la teoria della relatività sono solo alcuni capolavori e scoperte che dobbiamo ad introversi liberi di esprimersi nel modo a loro più congeniale.
 
Forse non li avremmo se gli autori fossero stati costantemente interrotti o costretti a interagire con i colleghi in ogni momento. Diversi esperimenti dimostrano infatti che nei gruppi si tende ad allineare le proprie opinioni a quelle prevalenti o espresse con più forza. Inoltre per concentrarsi a fondo, per entrare nello stato che Newport chiama deep work, serve tempo senza interruzioni.

Non è che io sia poi così intelligente, è che sto con i problemi più a lungo
Albert Einstein

Dall’interazione e dalla cooperazione possono nascere cose meravigliose. È importante però che ci siano anche spazi per poter seguire indisturbati il filo dei propri ragionamenti. E per apprendere, in luoghi che favoriscano la concentrazione. Gli introversi ad esempio non lavorano bene negli open space pensati per l’interazione continua, però Susan Cain ha scritto Quiet in un caffè letterario. C’era del rumore, è vero, ma nessuno le rivolgeva la parola.

Chi sono gli introversi?

Gli introversi tendono a passare molto tempo da soli o in piccoli gruppi, a riflettere molto e valutare a lungo le decisioni. Di solito parlano meno della media e più lentamente, e amano leggere e scrivere.

Non sono per forza timidi né disinteressati agli altri. Semplicemente preferiscono bere un bicchiere di vino con un amico piuttosto che interagire con venti persone alla volta in un locale rumoroso. 

Perché? 

La causa è almeno per il 50% genetica, come provato dall’esperimento del prof. Kagan. La maggior parte degli introversi è più sensibile a luci, odori, colori e sente più forti anche le emozioni, col risultato di stancarsi velocemente in luoghi caotici o semplicemente nuovi. 

Poiché anche interagire con altri esseri umani è un’attività altamente stimolante e faticosa, molte persone introverse si abituano sin da piccole a starsene un po’ in disparte. L’ambiente familiare e le esperienze dell’infanzia e dell’adolescenza possono accentuare o attenuare certe tendenze.

Sospetti di essere introverso?
Scopri se è vero col test dell’introversione! 

Chi sono gli estroversi?

A differenza delle persone introverse, gli estroversi amano stare in mezzo agli altri, spesso al centro dell’attenzione. La loro energia aumenta grazie ai momenti sociali ed è quando stanno da soli troppo a lungo che si sentono scarichi. 

Prendono decisioni più velocemente e sono più portati a rischiare. Sono vivaci e non amano troppo stare sui libri o passare troppo tempo ad analizzare le cose. Visto che la loro percezione degli stimoli esterni è più alta, si annoiano più facilmente, ed è più probabile che cerchino emozioni forti e nuove esperienze. 

Introversione ed estroversione in natura

Non solo tra gli umani ma anche in molte specie animali esistono temperamenti estroversi ed introversi. Queste differenze sono funzionali alla conservazione della specie perché a seconda delle situazioni gli uni o gli altri possono sopravvivere più facilmente. Gli introversi, cauti e osservatori, hanno il vantaggio di prendersi più tempo per valutare le situazioni, gli estroversi più spavaldi quello di arrivare primi, ma anche di adattarsi meglio alle situazioni nuove.

Per realizzare un esperimento sui pesci fu calata in mare una gabbia. I pesci estroversi andarono subito in esplorazione e furono catturati. Gli altri, più cauti, rimasero liberi. E se la gabbia fosse stata un predatore sconosciuto?

Ma finiti anche loro nell’acquario del laboratorio, i pesci introversi ebbero più difficoltà ad ambientarsi rispetto ai loro compagni estroversi, confermando che non esiste un temperamento migliore dell’altro.

Agire da estroversi quando serve

Ammettiamolo, non sempre è possibile per un introverso portare avanti i propri progetti in solitaria. Cain ad esempio, è riuscita a pubblicare un libro sull’introversione solo dopo aver convinto l’editore di essere una pseudo-estroversa e poter andare in giro a promuoverlo. Niente bagni di folla, niente contratto.

Per fortuna la personalità è in parte malleabile, anzi è un elastico. Possiamo sfruttare i lati positivi del nostro temperamento e lavorare sugli quelli che non ci piacciono o ci ostacolano nel raggiungimento dei nostri obiettivi. Possiamo anche comportarci “fuori dalla nostra personalità” solo in alcuni momenti, compensandoli con altri in cui assecondiamo la nostra natura. E riprendiamo energia.

In questi casi diventano importantissime le motivazioni: cosa potremmo ottenere uscendo dalla nostra zona di comfort per un po’?

È fondamentale ricordare che recitare la parte dell’estroverso è molto stancante e richiede momenti di riposo, da concordare con noi stessi e con chi ci è vicino.

Ma anche che spesso gli altri possono interpretare male i nostri comportamenti più spontanei. Sul lavoro gli introversi dovrebbero imparare a riconoscere le situazioni a rischio e agire di conseguenza.

Imparare dalla personalità opposta

D’altra parte Cain sostiene che è importante che personalità diverse prendano ispirazione l’una dall’altra. Cosa potrebbero imparare gli introversi dagli estroversi, ad esempio?

A farsi conoscere, esprimere le proprie opinioni con convinzione e a parlare in pubblico. Ad uscire dalla propria zona di comfort quando è necessario per seguire i propri valori. Perché nessuna intuizione geniale è veramente utile se resta confinata dentro una testa. 

Gli estroversi invece possono imparare a non disperdersi in troppe attività sociali perdendo di vista i propri obiettivi e a ritagliarsi momenti di calma, riflessione e studio. Cain racconta di una liceale americana molto estroversa che sognava di iscriversi ad un’università prestigiosa.

Solo che partecipava a tutte le attività extra-curricolari della scuola e non aveva tempo per studiare, così non è stata ammessa ai college dei sogni perché i suoi voti non erano abbastanza alti. Ma ha imparato la lezione: oggi è molta attenta a non trascurare la professione per le attività sociali, e si ritaglia anche spazi “per non far niente”, in cui medita o tiene un diario.

Leggi Quiet, il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare.